E‘ possibile, per il settore lapideo, fare qualcosa contro il furto del nome da parte della ceramica e del engineered stone? Una ricerca sullo status quo
Riguarda la tutela del consumatore, che è una risorsa importante dell’Unione Europea (EU). L’anno scorso ci sono state ben due sentenze importanti in questo ambito: a dicembre, la Corte di Giustizia Europea (CGE) ha interdetto a una società cinese di lanciare il suo computer-tablet con il nome „Mi Pad” in Europa. Il rischio di confusione con gli iPad della Apple sarebbe troppo grande, così i giudici.
Questa Corte, la più autorevole tra i 28 stati, aveva inoltre vietato a giugno delle denominazioni come „latte di soia“: Il latte proviene dall’ animale, e quindi il consumatore potrebbe presumere facilmente che un prodotto derivante dai semi di soia sia prodotto con latte vero. Per lo stesso motivo non sarebbero ammesse neanche denominazioni come „Veggie Cheese“ (formaggio vegetariano).
In seguito a questo, la Confindustria italiana Marmomacchine aveva sottoposto ai rappresentanti delle associazioni lapidee europee (Euroroc) una proposta di esaminare sulla possibilità di vietare, con riferimento alla sentenza della CGE, la vendita di piastrelle di ceramica con denominazioni quali per esempio „Marmo” o addirittura „Marmo Arabescato”.
Notabene: Flavio Marabelli, promotore dell’iniziativa, non mira ad eliminare i prodotti in se’ dal mercato. L’obiettivo è quello di impedire il furto del nome e assicurare – in senso figurato – che il prodotto che porta il nome marmo contenga di fatto il marmo.
Euroroc ha dato l’incarico per una ricerca sull’argomento e presuppone che entro la primavera sarà disponibile una valutazione legale riguardo al potenziale di tale divieto.
Noi abbiamo raccolto diversi aspetti sull’ argomento durante una ricerca.
Le imitazioni di materiali sono un effetto collaterale dello sviluppo tecnologico. Un esempio molto attuale è il cuoio vegano della start up americana con il nome aziendale Modern Meadow (prato moderno): il materiale di base viene prodotto da cellule di lievito. Il materiale è stato denominato con il marchio Zoa e viene proposto come „bioleather“ (cuoio biologico).
Nell’industria della ceramica sono presenti, grazie alla tecnologia di stampa in alta risoluzione, imitazioni di quasi tutti i materiali: per esempio legno, cemento, metalli, per nominarne solo alcuni, e, naturalmente, anche le pietre naturali.
Contro questi materiali imitati non si può fare niente. Ma le associazioni lapidee lottano già da tempo contro il furto del nome. Questo avviene però soltanto a livello nazionale
Un possibile percorso è la denominazione di origine protetta: La Bretagna ha fatto tutelare poco tempo fa il proprio „Granit Breton“. Ora è stato stabilito che graniti importati o anche graniti da altre regioni del paese non possono essere commerciati con questa denominazione in Francia.
In Germania esiste un elenco di pietre naturali locali. Anche i nomi delle pietre indicate in questo elenco sono protette, questo soltanto per la Germania.
Sulla situazione in Spagna rapporteremo a breve.
L’iniziativa italiana con Euroroc ora, sta comunque andando in una direzione più ampia: da una parte, l’iniziativa vuole ottenere che il furto dei nominativi in tutti i paesi EU venga proibita. Dall’altra parte non si tratta soltanto di nomi di singoli tipi di pietra, ma anche della protezione dei materiali come „marmo“ o „granito“.
La motivazione si orienta alla sentenza della CGE sul latte di soia: così come è stato vietato quel nome, perché il latte deriva sempre dal animale, così potrebbe essere vietata anche la denominazione „Marmo“ per un prodotto di ceramica, perché la pietra naturale deriva dalla natura e non dall’ uomo.
Guardiamo allora, quali tipi di furto di nome esistono.
La variante più evidente è quella del trasferimento di un noto nome di una pietra naturale su un altro materiale. Come esempio indichiamo l’engineered stone „Nero Marquina“ della ditta Neolith. Il materiale è stato premiato, a proposito, nell’anno 2017 con uno dei rinomati Red-Dot-Awards. La giuria ha formulato con attenzione nella motivazione: „La fonte di ispirazione per la creazione della superficie senza tempo della pietra sinterizzata Nero Marquina è il marmo spagnolo.“
Alcune aziende denominano intere collezioni secondo le pietre naturali. L’impresa italiana di ceramica Monocibec dispone, per esempio, di un catalogo completo con la denominazione „Pietre Naturali“.
Altri produttori di copie di materiali sono più riservati con l’assegnazione dei nomi e fanno soltanto un accenno all’ originale: a volte si legge che un materiale ha „l’aspetto pietra“.
A volte ci sono delle combinazioni di termini: Caesarstone ha dato, a due delle sue pietre artificiali di quarzo, i nomi „Statuario Maximus“ e „Calacatta Nuvo“.
Nella gamma di Engineered Stone Silestone della Cosentino Group si trovano i tipi „Marquina“, „Statuario“ e „Calacatta Gold“.
Ricche di fantasia sono a volte le indicazioni in merito ai colori: „Calcare Conchilifero“ si legge occasionalmente come descrizione per la tonalità di una piastrella di ceramica.
Da un produttore abbiamo trovato l’espressione „Pietra naturale interpretata nella ceramica“.
Ma si può fare anche diversamente. Tanti produttori di ceramica o engineered stone hanno creato dei nomi completamente nuovi per i propri prodotti.
Cosentino promuove la nuova pietra artificiale Dekton solo con la propria denominazione sul mercato. In questo modo si vuole probabilmente anche evidenziare che il materiale sia, secondo le indicazioni dell’azienda, superiore alle pietre naturali.
(14.01.2018)